Einstein laughingLa logica ti porta da A a B. L'immaginazione ti porta ovunque (A. Einstein)
di Asteria Bramati

La creatività è la capacità di andare al di là delle idee, delle regole, dei modelli dei prodotti tradizionali e creare nuove idee, forme e metodi attraverso l'originalità e l'immaginazione. 
Per essere creativi, bisogna essere in grado di vedere le cose da una diversa prospettiva. La capacità di creare alternative o vedere le cose in modo originale non si manifesta casualmente; essa è legata ad altre fondamentali qualità del pensiero quali la flessibilità, la tolleranza, la gioia della scoperta.
Secondo Samuel Becket, la creatività è un laboratorio sperimentale di molteplici fallimenti, in cui “essa può sembrare un sostantivo, ma è in realtà un verbo e, nello specifico, un'azione. Può essere un processo, un pensiero o una manifestazione, un'idea o un prodotto; ma è sempre un'azione, un'energia. La creatività è il mondo dell'intrepido esploratore, di tre anni o dell'adulto, che non smette mai di domandarsi: perchè?” 
Di solito, ci si domanda: “si può davvero insegnare a scuola la creatività?” 
Io dico di sì, può essere insegnata. Ma gli insegnanti non lo ammettono mai, fino a quando non ricordano i momenti in cui l'hanno sperimentata, cioè, hanno vissuto il cd. “effetto Eureka”.
L'espressione creativa ha i suoi cicli e la somiglianza tra creatività e procreazione non è soltanto linguistica. Il processo della rivelazione creativa e l'effetto eureka sono stati documentati da diversi studi in campo neurofisiologico. In particolare, gli studi di Margherita Laski, delineano i sei stadi del processo della scoperta: 1) porre la domanda 2) cercare la risposta 3) arrivare a un punto morto 4) abbandonare la ricerca 5) il momento Eureka ed infine 6) tradurre la scoperta in modo da renderla comprensibile e condivisibile con gli altri. 
Questi stadi coinvolgono entrambi gli emisferi del cervello ed anche la zona emotiva-limbica; cioè la zona del cervello che regola le emozioni. Inoltre, diverse ricerche mettono in evidenza come il sistema cerebrale del meccanismo della creatività è direttamente collegato non solo al cervello ma anche al cuore. Senza la passione del cuore diventa difficile arrivare alla scintilla creativa; difatti solo l'amore della Verità in se stessa è l'espressione essenziale del cuore (Almaas, 1988). 

L’importanza del “punto morto” 

Oggi il terzo e il quarto stadio di questo processo mentale, cioè quello che porta al punto morto e impone temporaneamente di fermarsi rallentando il proprio pensiero, trovano scarsa accettazione nella nostra cultura iper-produttiva. La moderna società teme il silenzio e il vuoto e rifugge da tutto ciò che non è “sul pezzo”. Ma è proprio in questa fase di inattività in cui spesso si trovano le soluzioni più creative. 
Neurologicamente questo passaggio avviene quando l'emisfero sinistro è inattivo, cioè quando i processi analitici e critici vengono sospesi. Alla base di questo processo vi è il meccanismo del vagabondaggio mentale. Esso viene ben descritto dal neuroscienziato Goldeber nel testo "La vita creativa del cervello” (2017), in cui scrive che: “la natura del vagabondaggio mentale nei due emisferi è determinata dalle differenze nella loro organizzazione. L'emisfero sinistro è caratterizzato da una grande connessione interna, ma da poca interconnessione con le altre parti. Ciò fa sì che i meccanismi rimangano confinati in alcune aree circoscritte e che ci siano pochi collegamenti tra i punti di ancoraggio, cioè tra quelle zone della corteccia che servono a far emergere le idee e le intuizioni su qualcosa. L'emisfero destro, invece, grazie ad una migliore articolazione tra le diverse parti del cervello, fa sì che il vagabondaggio mentale si estenda su un territorio più ampio e si creino, più facilmente, le condizioni per creare i punti di contatto”. 

Dal punto morto all’effetto eureka 

A scuola bisogna favorire la costituzione di questi che neurologicamente vengono definiti i punti di ancoraggio. Essi, se ben sviluppati negli studenti, portano all’innesco del cd. effetto Eureka. Quest'ultimo è stato documentato in un famoso esperimento dei ricercatori della Tufts University, guidati da Sal Soraci, che sono riusciti tramite l'encefalogramma a registrare il momento ”in cui la nebbia che avvolge un problema si dissolve e il nostro cervello lascia intravedere la risoluzione” (Quartiroli, 2018). In questo famoso esperimento i ricercatori hanno proposto ad alcuni soggetti delle frasi a prima vista senza senso, di cui essi dovevano trovare il significato. Se inizialmente gli individui erano leggermente confusi sul da farsi e rimanevano senza parole, successivamente, fornito loro un indizio, scattava l'effetto eureka. 
Gli elettrodi sul cuoio capelluto sono riusciti a rivelare il momento preciso in cui scatta tale effetto. Questo impulso cerebrale è stato chiamato “N400”. Esso è un componente del cd. tempo-locked, segnali noti come potenziali evocativi del cervello che fanno sì che una parte del cervello si attivi di fronte a parole significative e ad altri stimoli sorprendenti tra cui immagini, volti, suoni, richiami.
Nell'uso delle metafore questo elemento è decisivo. In particolare, secondo Soraci, più il cervello si sforza per riconoscere un concetto, più riesce a ricordarlo e tale processo viene favorito dall'uso di un linguaggio più creativo. Studi recenti che indagano il rapporto tra semantica e linguaggio mettono in evidenza il rapporto stretto che esiste tra l’effetto eureka e la semantica. Secondo questa moderna teoria del linguaggio, detta Coarse Semantic Coding Hypothesis, l'emisfero destro opera secondo una modalità semantica ”grossolana”, mentre il sinistro lavora in modo più fine. Anche grazie a connessioni più estese a livello neuronale, l'emisfero destro attiverebbe, e integrerebbe gli elementi semantici in modo distribuito, a maglie larghe, arrivando ad associare parole e concetti distanti da loro. Per contro, l'emisfero sinistro connetterebbe elementi semantici vicini. Da queste considerazioni, deriva il ruolo cruciale dell'emisfero destro nel linguaggio non letterale e nel discorso, come nell'uso delle metafore. 
Studi più recenti vogliono indagare il rapporto che si instaura tra il fattore N400 e l'uso del linguaggio creativo, come quello della metafora. In particolare, è emerso che l'uso dell'N400 e quindi lo stesso fattore Eureka è legato al recupero della parola e alla sua integrazione nel contesto (semantico) in cui essa viene usata. 
I dati dimostrano che N400 è direttamente influenzato da un elemento decisivo del processo di comprensione, un fattore, che a scuola dovrebbe essere maggiormente considerato: le aspettative costruite dai parlanti (docenti- discenti) durante il discorso. Tali aspettative, secondo i neurolinguisti, “scavalcano i confini della frase e riguardano la dimensione del discorso nel suo complesso, incluso il contesto extralinguistico e la stessa identità del parlante”. 
Diventa decisivo per far scattare Eureka che ogni insegnante conosca identità dei propri alunni e sappia cogliere i giusti feedback che gli studenti, durante il discorso, gli inviano. 
Diverse prospettive pedagogiche, ormai da tempo, si concentrano sull'importanza del feedback per far scattare l'effetto Eureka. Per molti anni, il feedback è stato concepito come mera trasmissione di informazioni; infatti la ricerca pedagogica in questo campo si è meramente concentrata solo sul contenuto e sulla consegna del feedback e non su altri altrettanti aspetti significativi del processo di apprendimento. Secondo questo approccio “tradizionale” lo studente è visto come un destinatario passivo di ciò che l'insegnante dice, senza alcuna preoccupazione per quanto riguarda il livello di comprensione o capacità dell’allievo; semplicemente lo studente deve rispondere al feedback fornito dall'insegnante. Più recentemente, diversi studi hanno invece rafforzato l'argomentazione secondo cui il feedback dovrebbe essere visto come un processo dialogico di comunicazione tra insegnante e discente costruito socialmente. Lo scopo principale del feedback, in questa visione socio-costruttivista, è promuovere l'autoregolamentazione dello studente. 
Ricerche più moderne mettono in evidenza un ulteriore elemento del feedback per essere veramente efficace: affinché possa avere un impatto positivo sull’apprendimento, deve essere correlato al compito che l'insegnante vuole che l'alunno realizzi. Per realizzare questo obiettivo bisogna che gli insegnanti tengano conto che il feedback fornito a livello di sè - noto anche come lode - non soddisfa. Quando gli insegnanti lodano i loro studenti, gli alunni tolgono la loro attenzione dal compito e si concentrano sull'elogio. Il feedback dato a livello di prodotto ha conseguenze positive limitate e promuove solo una conoscenza di superficie. Invece, il potenziale di sviluppo, in termini di apprendimento, è maggiore quando il feedback si concentra a livello di processo. Quest'ultimo tipo di feedback consente allo studente di avere accesso a informazioni più dettagliate sul processo mentale che ha messo in atto per risolvere il compito, migliorare l'apprendimento e migliorare l'autoefficacia. 
Oggi l'immediatezza con cui le informazioni vengono fornite da internet inibisce l'apprendimento e permette di ottenere dei feedback di prodotto e non di processo. Distogliendo gli studenti dai loro processi mentali interiori, si rischia che essi non si concentrino sulla ricerca della fonte interiore del sapere, cioè l'amore per la Verità. Quest'ultimo elemento valoriale che la pedagogia non può fare a meno di trasmettere richiede dei periodi di non-sapere. Mentre il cuore si sente a suo agio nel vuoto, la mente-ego che si rispecchia nelle nuove tecnologie è assetata di novità e iperattiva e si sente minacciata dal vuoto e dal non-sapere. La mente-ego non è interessata alla comprensione interiore e profonda di ciò che ci circonda, vuole semplicemente categorizzare in schemi i problemi quotidiani che dobbiamo affrontare. 

La creatività 

Per uscire da questi schemi precostituiti dal nostro cervello è indispensabile la creatività. Essa ha però una sua logica, una grammatica, come direbbe Gianni Rodari. La logica creativa non corrisponde a quella del pensiero logico classico, ma prova ”in continuazione a spezzare le catene” (R.Merton, 1956). 
Essa risponde a tre regole fondamentali:
La serendipità è una parola divenuta famosa dopo l'uscita del volume del libro “Viaggi e avventure della Serendipity” di Robert Merton, un volume dedicato alla creatività. In particolare, in questo testo, viene raccontata la storia di Jafer, re filosofo di Serendip e dei suoi tre figli. I tre figli vengono mandati a fare un viaggio formativo” in terre lontane. Una delle avventure riportate è la storia del cammello che i ragazzi non avevano mai visto, ma che riuscirono a descrivere al re di quel paese osservando il modo in cui era stata mangiata l'erba dei campi e lo stato della strada. Il re apprezzò talmente questa “associazione creativa” che chiese loro di restare nel suo regno come consiglieri. 
La similitudine tra la creatività e lo stufato è un esempio riportato da Daniel Golemann, nel testo “Lo spirito creativo”, che afferma che essere creativi è un po' come cucinare uno stufato. Servono tre ingredienti fondamentali: l'expertise (l'abilità nel campo), la capacità di pensare in modo originale come si usano le spezie e le erbe usate per aromatizzare gli ingredienti di base e rendere l'aroma unico, miscelando gli elementi e ottenendo ogni volta un risultato diverso, infine la passione che spinge ad agire indipendente da una ricompensa o da una valutazione. 
La metafora “una ceramica che risuona” è stata creata da Antonio Carbonaro (Presentazione dell'Archivio di Antonio Carbonaro - Biblioteca di Scienze Sociali - SBA: Sistema Bibliotecario di Ateneo) nel cercare di descrivere quanto sia complesso l'animo umano e quanto sia difficile comprenderlo e esprimere esperienze, intuizioni e sentimenti senza l'uso di metafore:

“Quando venne il messaggero
E chiese di Lui,
lo trovò fermo nella consuetudine.
Privo ormai di risonanza,
forte e fragile ceramica,
l'adulto si vide nell'opacità dell'Altro.”
 
L'ultima immagine coglie bene cosa si intende per creatività. La ceramica che ha una risonanza per sè e per gli altri, è una metafora legata all'essere, alla difficile impresa della conoscenza, del sapere. La metafora è il mezzo più semplice che possediamo per dire cose che non è possibile dire, per fare “vedere” ai giovani cose che non si vedono, ma che costituiscono ciò che è veramente importante. La logica creativa serve a difendere la persona dalla minaccia della frammentazione, salvaguardandone l'integrità e la coesione. Essa ha lo scopo di colmare “il vuoto che separa il Sè dalla realtà” (Pincas Noy, 2012).